domenica 10 maggio 2009

ASCESI DEL PENSIERO parte 2


ASCESI DEL PENSIERO
PARTE 2 :


LA VIA DELLA POTENZA


Capitolo 1
La concentrazione del pensiero fa appello ad una zona di determinazione interiore che è la chiave della potenza, sia nell’analisi dell’oggetto creato dall’uomo, sia nella contemplazione della sintesi dei pensieri dipanati attorno all’oggetto , si attinge ad una zona di decisione interiore che è crogiuolo di potenza.
Fissare l’attenzione pensante su di un oggetto insignificante e banale fabbricato dall’uomo e poi contemplare – o tentare di contemplare, il che è lo stesso – tutti assieme i pensieri sviluppati intorno all’oggetto è sviluppato una volontà di attenzione cosciente fluente tramite i pensieri che è potenza.
Potenza dell’Io.
Potenza di determinazione.
Potenza di decisione.
Una individuale potenza di decisione che è asse interiore di fedeltà, di consacrazione, di dedizione al vero.
In antico tale potenza di decisione - che è consacrarsi ad un valore – poteva venire e veniva sollecitata ed eretta grazie alla spontanea capacità evocativa del sentire, dei sentimenti, dell’anima che sapevano “toccare” valori ideali (entità viventi) e dall’ardore che tale contratto accendeva, si enucleava forza di decisione interiore, la capacità di votarsi completamente, di consacrarsi del tutto ad un compito scelto in conformità a quei valori.
Ed era l’idealismo innato e spontaneo degli antichi.
Presente in tutti gli antichi, seppure in vario grado e misura, ed è una possibilità esaurita che non può essere imboccata in senso ascendente.
Ed è una via morta.
I mistici ed i cavalieri medievali agivano in questa direzione e da essa traevano forza.
Ma l’anima in essi era sana, forte, vigorosa, capace di orientarli nel mondo etico dei valori, capace di spietrificare le dottrine ed i simboli religiosi poggiando su essi la propria capacità intuitiva e morale, capace di sentire le qualità ideali come buone e sane o come cattive e malate.
Un’anima vasta e generosa splendente di un contatto emotivo per le qualità che sorreggono il mondo.
Un’anima che nell’unificare l’uomo secondo gli eterni valori non incontrava barriere celebrali.
La nascita del pensiero cerebrale moderno – ossia di un pensiero privo di intuizioni morali, capace di dipanare nessi logici soltanto razionali, capace di articolarsi in virtù di un intrinseco canone logico interno al pensiero e sordo ai suggerimenti evocativi dell’anima ad esso esteriori – ha segnato la fine, lo strangolamento, la morte dell’anima come organo di conoscenza innata e di orientamento spontaneo.
La barriera cerebrale è quanto si è sviluppato nell’uomo moderno e ha dato origine all’attuale civiltà agnostica e priva del sublime (del Divino).
E’ la solitudine – nei migliori è l’angoscia – che ogni uomo moderno sperimenta all’interno dei propri pensieri.
E’ la solitaria potenza razionale in cui ciascuno sa – più o meno consapevolmente – di essere separato da tutto e da tutti, dal vivente, dalle certezze ultime, da un reale rapporto con l’Eterno, con l’assoluto, col sublime, col superumano.
E’ l’isolamento all’interno della propria potenza concettuale, una vera e propria barriera che sa solo scomporre in pensieri razionali ogni aspetto del mondo e degli altri, che sa solo ricomporre in cerebralismi privi di slancio e di spontaneità il mistero dell’esistere, che sa solo parlare, pensare a parole, quando si vorrebbe provare amore o pietà, coraggio o dolore, amicizia o tripudio, ossia quando si tenta il collegamento unificante con una qualità, con un valore vivente super razionale.
La barriera cerebrale è un potere di pensiero che isola da tutto e da tutti, un deserto, un nulla puramente logico in cui ciascuno è solo, in cui ciascuno è libero, in cui ciascuno può disporre di se ed è responsabile di quanto compie.
Gli antichi erano meno liberi.
Mancando – poiché in via di svilupparsi – la barriera cerebrale, un orientamento riguardo al senso della vita era spontaneamente fornito dall’anima.
Mai un antico ha avuto problemi esistenziali.
Non avrebbe potuto.
Vi furono antichi che scelsero il male, ma – in occidente – la loro visione del male era sorretta dalla comprensione animica del bene, sapevano di compiere il male nella visione di un bene che sapevano esistere, che conoscevano, che sapevano di trasgredire, di tradire, di offuscare ma che esisteva, e che veniva da loro percepito.
Sapere di compiere il male non è compierlo fino in fondo, poiché una visione animica del bene ne è alla base e ne crea il rimorso, la nostalgia del celeste, una dilacerazione interiore che impedisce di demonizzarsi, di corrompersi del tutto.
Percepire il bene compiendo il male è compierlo in uno stato di relativa ingenuità.
Gli antichi erano ingenui.
Qualunque atrocità abissale da loro commessa – e ne commisero molte – è paragonabile alle perfidie (a volte atroci ) dei bambini: sono compiute in stato di inconsapevolezza parziale di semicoscienza, di ingenuità sostanziale, il bene può rifiorire in ogni istante facendovi appello, il male non è mai definitivo.
Le atrocità ma soprattutto i superbi splendori degli antichi rientravano ancora in una “economia dei divini”, in uno scontro tra potenze ideali, tra Dei che agivano tramite le anime degli uomini, la cui responsabilità interiore – che comunque vi era – era minore di ora –
In Occidente ad ogni antico – dopo la venuta del Cristo – era innata la sensazione, il calore, il sentimento, la percezione animica del bene ( di ciò che è universalmente il bene, la potenza solare che tutto sorregge ) sia che vi aderisse – secondo le proprio possibilità – sia che vi rinunciasse per desiderio di vita.
Comunque agisse sapeva del bene.
Spontaneamente la forza del bene fluiva in tutti.
E quindi uno stato di ingenuità – ossia un potere di redimersi, una forza del rimorso – obbligava tutti a non potersi incattivire del tutto , obbligava tutti a vedere comunque, a vivere comunque, a percepire comunque il bene.
Poi l’avvento della barriera cerebrale.
L’avvento dell’uomo solo, che dipende da sé, dai propri pensieri astratti – perché incapaci di vedere il mondo quale è: sorretto dal bene e assediato dal male – pensieri che proprio in quanto astratti (ossia ciechi verso le potenze morali del mondo ) sono liberi.
Liberi di restare astratti (ossia di incattivirsi) o di superare l’astrattezza.
Liberi da ogni percezione obbligata – perché spontanea – del bene e quindi capaci di compiere il male peggiore: quello completamente estraneo ad ogni percezione del bene, quello la cui scelta ricade completamente sulle responsabilità individuali, quello privo di ingenuità, privo di rimorsi, arido, consapevole, tetro, convinto di sé.
Un male diretto, privo di scrupoli, convinto della propria potenza che è potenza di non essere più umano.
Il male del pensiero astratto che non vuole saperne di vincere la propria astrattezza, di riattingere all’eterno, al vivente, agli eterni valori, che vuole continuare ad inebriarsi dell’assenza di vincoli morali che la astrattezza fornisce, che vuole restare quale è, irrimediabilmente vincolandosi sempre più al subumano.
Questo male può essere vinto.
Deve essere vinto.
La barriera cerebrale isola da ogni percezione obbligata del bene (e quindi anche da ogni percezione del male, poiché la percezione del male può sorgere solo dal paragone col bene), la barriera cerebrale è una nebbia molto intelligente che può giostrare con i concetti in maniera tanto abile quanto errata, è come possedere un grande potere di comprensione intellettiva senza riuscire ad avere realtà viventi da comprendere, senza avere “materiali” su cui esercitare, su cui usare tale potere; pertanto è un potere che gira a vuoto, che non afferra nulla, che vorticosamente accelera la ginnica intellettiva nell’astratto.
Tale potere intellettivo astratto, proprio in quanto tale ha come costante sottofondo semiconscio la sensazione di soffocare.
Si tratta della percezione semiconsapevole del potere cosciente, dell’enorme potere di intelligenza individuale che ci si trova a dover amministrare e che d’altra parte non riesce ad afferrare nulla, non riesce ad afferrare entità, realtà capaci di soddisfare la sete di potenze reali nelle quali immettersi tramite il pensiero.
E’ come essere intelligenti nel punto zero di tutti i valori.
C’è l’intelligenza ma mancano i valori sui quali poggiarla.
C’è l’intelligenza ma manca il terreno, la realtà su cui poggiarla.
C’è l’intelligenza ma non c’è nulla che possa nutrirla.
Tale è la situazione iniziale dell’uomo moderno.
Si è intelligenti nella totale sterilità di un mondo e di una vita che sembrano privi di senso, scopo, mete.
Tale intelligenza può compiere una sola azione: contemplare se stessa.
Può compiere unicamente l’ascesi del pensiero.
La tecnica della concentrazione.
Nel punto zero di tutti i valori, un solo valore resta: il potere che permette di accorgersi di tale vuoto.
L’acume pensante.
In cui già è presente – inespresso – il bisogno, ossia il ricordo di una realtà capace di dare un senso alla vita.
Il bisogno di una realtà di cui il deserto è la mancanza e la negazione.
Ed è la via della potenza.
La via dell’impossibile potenza.
Poiché all’intelligenza astratta appare impossibile superare il deserto, pur riconoscendone l’esistenza, pur soffrendone la presenza.
Ed invece la potenza capace di spezzare il deserto gli è interna: è la potenza che permette ai concetti di concatenarsi tra loro.
E’ la potenza che permette di muoversi entro i pensieri.
E di una forza si tratta.
Di una potenza.
Una realtà che è oltre ogni barriera razionale.
Oltre ogni morte aridità.
Oltre ogni deserto.
La via della Potenza.


Capitolo 2 – La Fonte

Se vi è sufficiente acume per accorgersi del deserto:
Se vi è sufficiente limpidità per soffrirne:
Se vi è sufficiente vastità intuitiva per comprendere che si è sull’orlo di un abisso razionale incolmabile:
Allora la potenza può essere ipotizzata.
Si può giungere a sospettare che l’estrema capacità intellettiva è in se una forza.
Ed è in se l’unica vita in una sfera di morte conoscitiva.
Ed è la via dei tempi attuali.
L’unica via.
Il passo ulteriore è viverla questa potenza.
Percepirla.
Elevarsi ad essa.
Abbeverarsi al suo fluire.
Ed è la tecnica della concentrazione.
Indicata da Massimo Scaligero.
Donata da Massimo Scaligero.
In base agli insegnamenti di Rudolf Steiner.
Poiché tentare di contemplare la sintesi dei pensieri usati per descrivere un oggetto, è in definitiva finire per contemplare la forza che li tiene uniti, la forza che tiene unito il senso, il significato che essi sono.
Tale forza è la vita.
Dapprima appunto potrà essere concepita solo come una potenza ma sperimentata che sia, essa col tempo si disvelerà come un valore che vive.
La potenza si svelerà: vita superiore.
Vita.
Valore in cui l’intelligenza ed il puro sentire divengano tutt’uno.
Valore in cui l’intelligenza svela la propria anima eterna.
L’impossibile.
Ciò che all’interno della barriera razionale appare impossibile diviene realtà: l’anima eterna cui gli antichi si abbeverarono tutti, è intima al pensiero, è intima alla potenza che permette di pensare e di muoversi nei pensieri.
Ed è la progressiva morte di ogni deserto.
E’ superare l’abisso razionale.
E’ riuscire a respirare oltre ogni soffocamento.
Poiché ora l’intelligenza ha veramente ciò su cui immettere l’enorme acume che prima dispiegava unicamente per dubitare e per soffrire del vuoto.
Ed è proprio questo il senso del deserto e della barriera razionale: che tutto rivelandosi vuoto e privo di scopo, permette in quella suprema nudità sofferente di accorgersi della nuova vita che albeggia là ove si riflette sul vuoto, là ove si diviene coscienti del nulla.
Tale nuova vita è una potenza che può logicamente essere ipotizzata.
La potenza del proprio muovere entro pensieri che sanno di essere giunti là ove ogni ulteriore riflettere sul mondo, sulla vita, sui valori è un barare con se stessi.
Ogni pensiero può essere errato o irreale ma indubitabile è la realtà di ciò che li concatena e li fa muovere.
Una potenza.
La potenza.
La fonte di vita.
Nella sintesi della concentrazione essa affiora.
In quello sforzo.
Nello sforzo di mantenerla.
Nella lotta interiore che si sviluppa per continuare a contemplare la sintesi.
Tale lotta, tale sforzo impegna il più intenso acume di pensiero, poiché si ha a che fare con un ente che si è manifestato tramite l’oggetto analizzato, ma che non ha nulla a che vedere con esso, in quanto ciò che si finisce per contemplare è il mistero del prodursi dell’intelligenza in un uomo.
Si finisce per contemplare ciò che in noi è il mistero del nostro essere individui raziocinanti.
Si finisce per contemplare il potere che in noi si fa intelligenza individuale.
Si entra in contatto con il mistero della nostra vita cosciente. Tale mistero è una potenza in cui sottile ed impalpabile vive il sentire, l’eterno sentire, l’anima eterna del solo valore, la fonte eterna di ogni verità.
Una fonte oggettiva universale, valida per tutti, seppure individuale e sperimentabile unicamente all’interno del proprio pensare.
Ed è la via della potenza.
La potenza di ritrovare l’anima eterna.
Il sentire.


HELIOS FK AZIONE SOLARE


BIBLOGRAFIA :
RUDOLF STEINER- LA FILOSOFIA DELLA LIBERTA’ (EDITRICE ANTROPOSOFICA)
MASSIMO SCALIGERO –TRATTATO DEL PENSIERO VIVENTE (TILOPA ROMA)
MASSIMO SCALIGERO- LA TRADIZIONE SOLARE (TESEO ROMA)
MASSIMO SCALIGERO- LA LOGICA CONTRO L’UOMO (TILOPA ROMA)

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